Un Piano Marshall per la Telematica

di Massimo Marciani, Presidente del Freight Leaders Council

Le applicazioni ITS per l’efficientamento della logistica. Questo il titolo del webinar promosso da TTS Italia a cui il Freight Leaders Council ha aderito con entusiasmo per riaffermare l’urgenza e l’importanza di una delle priorità già contenute all’interno dell’Allegato al DEF 2020 #italiaveloce, in particolare dove si puntualizza che “per contrastare gli effetti negativi già provocati dall’emergenza sanitaria in corso, nonché per evitare/limitare quelli futuri (tra cui il rischio di conseguenze drammatiche per l’economia del Paese), è necessario avviare una programmazione di interventi strutturali rilevanti per il settore dei trasporti e della logistica tra cui: (omissis) informatizzazione, digitalizzazione e innovazione tecnologica dei sistemi e delle procedure/processi dei trasporti e della logistica[1]”.

I benefici derivanti da una digitalizzazione diffusa delle infrastrutture e dei processi nella logistica sono evidenti in prima battuta dal semplice recupero delle inefficienze del settore presenti anche prima dell’emergenza COVID-19 – stimate in circa 30 miliardi di euro, pari all’1,7% del PIL del 2019 – e da questa rese ancora più urgenti. Appare quindi inevitabile l’esigenza di recuperare la perdita di fatturato connessa alle inefficienze della logistica, promuovendo ogni iniziativa utile ad attuare un ricorso sempre più spinto alle tecnologie, con processi di semplificazione e soluzioni innovative che interessino l’intero comparto e tutte le modalità di trasporto.

Come Freight Leaders Council siamo consapevoli di quanto c’è ancora da fare, ma possiamo ragionevolmente affermare che – da questo momento in poi – tutti gli stakeholder abbiano preso coscienza della situazione e dell’indifferibilità della realizzazione di un “Piano Marshall Telematico” in grado di rendere il nostro sistema resiliente e di reggere agli impatti derivanti da potenziali crisi ricorrenti, siano esse di tipo sanitario e/o economico.

In questo contesto, va accolta con favore l’iniziativa della Commissione Europea per la digitalizzazione della logistica, volta a creare un quadro uniforme per l’uso di informazioni elettroniche sul trasporto merci in tutti i modi di trasporto (Regolamento UE 2020/1056 del 15 luglio 2020). Tale iniziativa integra e completa un contesto normativo abbastanza ampio e consolidato che dovrebbe favorire ulteriormente la digitalizzazione del settore come già avvenuto con la Direttiva ITS 2010/40/UE, pietra miliare per il settore degli ITS e che l’Italia ha recepito nel 2012, il Decreto ITS del 1° febbraio 2013 del MIT, i Regolamenti Delegati della Direttiva ITS 2010/40/UE, etc.

Il Regolamento ha lo scopo di creare un quadro europeo per l’uso delle informazioni elettroniche nello spostamento delle merci con ogni modalità di trasporto per avere la disponibilità in formato elettronico dei dati rilevanti su piattaforme certificate. Questo Regolamento, nelle intenzioni della Commissione Europea, abbraccia tutte le operazioni comprese quelle di verifica e controllo e, pertanto, deve consentire al settore logistico di operare una svolta decisiva. Obiettivo: la riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese. Per quanto riguarda l’orizzonte temporale di implementazione del Regolamento, entro il 2022 la Commissione Europea dovrebbe sviluppare le specifiche tecniche per le piattaforme elettroniche per lo scambio di informazioni, procedura che dovrebbe entrare a regime nel 2024.

Lo sviluppo della logistica integrata spinge la digitalizzazione

Gli sviluppi nell’economia globale hanno cambiato il tradizionale equilibrio tra cliente e fornitore. Le nuove tecnologie informatiche e di comunicazione e l’istituzione di regimi commerciali globali aperti hanno portato i clienti verso scelte variegate. Le diverse esigenze dei clienti possono trovare espressione e le alternative di fornitura sono più trasparenti[2]. Le aziende devono quindi essere più incentrate sul cliente, specialmente da quando la tecnologia si è evoluta per consentire la fornitura a basso costo di informazioni e soluzioni. Questi sviluppi, a loro volta, richiedono alle aziende di rivalutare le proposte di valore e, in molti settori, la logica dell’offerta tipica dell’era industriale non è più praticabile. La “turbolenza” tecnologica ha un effetto diretto sul business. La valutazione e il progresso delle innovazioni tecnologiche negli ultimi decenni sono stati la tendenza in più rapida crescita nella storia economica recente.

Un sistema logistico integrato richiede e favorisce, per sua stessa definizione, una digitalizzazione sempre più spinta verso trasporti intermodali efficienti e resilienti. In questo momento assistiamo invece alla rappresentazione di un settore fortemente frammentato, una sostanziale “balcanizzazione” della logistica con dimensioni ridotte delle singole aziende e con lo sviluppo a macchia di leopardo (anche con singole eccellenze) di sistemi unici e proprietari che non dialogano tra loro.

L’industria logistica si sta preparando alle innovazioni “digital disruptive” per affrontare le inefficienze strutturali e fra gli stakeholder più reattivi in questo senso troviamo i vettori e gli spedizionieri, che stanno investendo molto per digitalizzare i processi interni, sviluppare infrastrutture informatiche integrate, introdurre interfacce all’avanguardia per i clienti e offrire trasparenza in tempo reale sulle spedizioni. Se da un lato gli intermediari aggiungono valore combinando funzioni di logistica interna, dall’altro lo scambio online di informazioni secondo standard concordati a livello globale accelererà il flusso di merci ma ridurrà il valore che possono aggiungere. Anche le mosse dei giganti della tecnologia incombono sull’industria logistica. Il rischio per società di trasporto e terminalisti che possiedono e gestiscono le attività è di diventare un semplice strumento per gli attori che prendono il sopravvento e ricavano il valore dalle relazioni con i clienti. L’innovazione si diffonde e si espande grazie alle dinamiche di interrelazioni in reti, che poi in realtà non è altro che l’obbiettivo delle tecnologie digitali: connettere il mondo in un’unica rete globale.

 

Un patto fra pubblico e privato: passo indispensabile

Da diversi anni si parla di digitalizzazione. Gli strumenti normativi, anche se imperfetti, ci sono e l’offerta tecnologica è sovrabbondante. Perché allora tanti settori, tra cui quello logistico, presentano ancora una forte resistenza a aderire a paradigmi cooperativi pienamente digitali? Perché la digitalizzazione, in questi casi, è più un’attività interna all’azienda che trasversale alla catena del valore?

Nel settore bancario e finanziario, ad esempio, così come in quello delle telecomunicazioni, il processo di digitalizzazione è andato molto avanti rispetto alla logistica perché, pur essendo settori in cui la competizione è fortissima, l’omogeneità tra stakeholder ha consentito la condivisione di procedure e standard facilitando così la strada alla digitalizzazione dei processi. Purtroppo, l’ambito logistico è ben diverso e comporta un grado di complessità superiore a livello di interazioni tra gli attori. La logistica è costituita da stakeholders di diverso tipo e dimensione, che spesso giocano ruoli cliente-fornitore in cui la trasparenza di processo, una delle prerogative della digitalizzazione, non è sempre così attesa. Inoltre, in una catena del valore che vede il trasferimento di luogo della merce e delle responsabilità ad essa legate, è sufficiente che un solo attore non sia in grado di gestire le informazioni elettroniche perché anche il resto della catena perda convenienza nell’adozione di un processo veramente digitalizzato in quanto, purtroppo, i passaggi cartacei restano comunque necessari.

C’è poi un motivo più umano alla difficoltà di digitalizzazione, soprattutto in un settore così “man-power intensive” come la logistica: la digitalizzazione implica sempre un cambiamento profondo nell’organizzazione dove si inserisce. Per esempio, occorre formare il personale, riscrivere i mansionari, riorganizzare l’azienda, rivedere i processi e, di conseguenza, modificare le procedure.  Come nelle persone, anche nella logistica i cambiamenti sono ostacolati dall’inerzia, dalla difficoltà ad approcciare in modo nuovo attività che già conosciamo. Chi studia il comportamento umano sostiene che il cervello funziona principalmente per abitudini, le abitudini vengono cambiate (sostituite da altre abitudini) a causa di irresistibili contingenze esterne, oppure se viene identificata una prospettiva di convenienza (benessere futuro) talmente forte da poter superare la resistenza al cambiamento. Serve quindi un’operazione di ingegneria sociale per creare una leva che progressivamente e inesorabilmente, evitando di creare resistenze o spaccature dovute ad accelerazioni non gestibili, crei una prospettiva concreta e misurabile dei benefici della digitalizzazione anche in ambito logistico.

Si deve quindi promuovere un approccio “virtuoso” per specifici ambiti come, ad esempio, l’autotrasporto in cui un’opera di profonda digitalizzazione di operatori ed enti pubblici consentirebbe alle aziende minori tempi di attesa, una migliore organizzazione del lavoro, modalità operative meno stressanti per gli operatori in campo, semplificazione nell’ottemperare agli adempimenti amministrativi… In sintesi, la digitalizzazione consentirebbe di acquisire nuove economie oggi dissipate nella disorganizzazione o nell’imprevedibilità delle situazioni. D’altro canto, il sistema pubblico potrebbe svolgere più efficientemente le proprie prerogative di controllo acquisendo dati in forma integrata e non solo più in condizioni di contatto diretto, consentendo inoltre una maggiore efficacia delle attività di contrasto all’illegalità concentrando i controlli su soggetti al di fuori del circuito digitale e per questo “ignoti” a un primo screening.

Questa sorta di “do ut des” digitale sancirebbe un patto tra pubblico e privato: da una parte la pubblica amministrazione in grado di svolgere al meglio la propria attività di controllo e di dissuasione dai fenomeni di illegalità, dall’altra parte gli operatori economici che, pur nella garanzia della riservatezza dei propri dati, in cambio della trasparenza otterrebbero semplificazioni amministrative e un regime di controllo che premi i virtuosi. È quindi arrivato il momento di innescare un grande progetto di ingegneria sociale che disegni una prospettiva di collaborazione, tramite la digitalizzazione, tra pubblico e privato all’insegna di un mercato con migliori condizioni di lavoro, più sicurezza sulle strade, meno fenomeni evasivi, maggiore efficienza economica.

Le priorità del Freight Leaders Council per la digitalizzazione

La logistica deve puntare su un profondo e pervasivo processo di digitalizzazione. Per raggiungere questo obiettivo è necessario passare dalle parole ai fatti. Ci sono quindi spunti per realizzare le aspettative manifestate dalle aziende di logistica in merito alle priorità che consentirebbero lo snellimento delle procedure e maggiori economie. Per la maggior parte dei casi si tratta di interventi a costo zero per il bilancio dello stato. Vediamo i due più significativi:

  • sul piano amministrativo, arrivare allo snellimento delle operazioni di sdoganamento, alla riduzione di costi per le imprese e, soprattutto, alla maggiore fluidità negli scambi import-export, attraverso il definitivo superamento degli intoppi burocratici che impediscono l’operatività del SUDOCO (Sportello Unico Doganale e dei Controlli), istituito dal 2016 (d. l.vo 169/2016) ma non ancora concretamente avviato con il necessario provvedimento amministrativo (DPCM), nonostante l’impegno più volte ribadito a livello politico. Si tratterebbe di un’azione mirata a semplificare la filiera della logistica sul piano tecnico. A questo fine, potrebbe operare la cabina di regia istituita con il Protocollo quadro sottoscritto il 13 agosto scorso dal Capo Dipartimento trasporti del MIT e dal DG dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
  • sul piano legislativo, dobbiamo partire dall’introduzione della lettera di vettura stradale elettronica, la c.d. e-CMR, attraverso la ratifica del protocollo aggiunto nel 2008 alla convenzione CMR (Convention des Marchandises par Route – Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada), già ratificato da quasi tutti gli Stati europei. In tal modo, si riducono costi e tempi, si realizza maggiore trasparenza e facilità nei controlli, si riduce la possibilità di errori. A questo fine, occorre una norma legislativa il cui percorso potrebbe essere facilitato se la redazione del progetto di legge fosse il frutto di un lavoro comune fra gli organi competenti del MIT (Comitato centrale per l’Albo degli Autotrasportatori, che garantirebbe l’adesione e il consenso delle imprese interessate e DG trasporto stradale e intermodalità) attraverso un ristretto gruppo di lavoro che dovrebbe lavorare a tappe forzate e che in prospettiva potrebbe porre sul tavolo anche la problematica più generale della digitalizzazione di tutti i documenti inerenti il trasporto merci, come la semplificazione o eliminazione del DDT.

Tutto questo anche alla luce del già citato Regolamento UE 2020/1056che intende creare un quadro uniforme per l’uso di informazioni in formato elettronico sul trasporto merci in tutti i modi di trasporto. Non dimentichiamo inoltre che la riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, generata dall’utilizzo di moduli digitali, è stimata in circa 27 miliardi di euro nei prossimi 20 anni dalla stessa Commissione europea.

 

[1] Documento di Economia e Finanza 2020 – Allegato #italiaveloce – L’Italia resiliente progetta il futuro -nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture – 6 luglio 2020

[2] Harry Bouwman, Shahrokh Nikou, Francisco J. Molina-Castillo, Mark de Reuver, (2018) “The impact of digitalization on business models”, Digital Policy, Regulation and Governance